C’è una crescita preoccupante del fenomeno degli adolescenti che commettono omicidi, e spesso si parla di omicidi senza movente. Tuttavia, secondo Anna Maria Giannini, criminologa e professore di psicologia giuridica e forense all’Università La Sapienza di Roma, il movente esiste ed è radicato nella mente e nella realtà psichica del giovane.
Un recente caso a Mantova ha scosso l’opinione pubblica: un 17enne ha confessato di aver ucciso una donna incontrata sui social per provare cosa si prova a commettere un omicidio. Questo episodio mette in luce una curiosità morbosa che non tiene conto delle conseguenze etiche e morali dell’azione, né dell’empatia che dovrebbe regolare i rapporti umani.
La criminologa evidenzia che nella mente di questi adolescenti c’è una grave disregolazione emotiva, che porta le emozioni a esprimersi attraverso comportamenti irreversibili e pericolosi. Ma cosa è cambiato nel contesto sociale che ha portato a un aumento di casi così gravi ad opera di giovani?
La società contemporanea e la mancanza di ancoraggi
Secondo Giannini, viviamo in una società priva di ancoraggi, con valori poco solidi e reti di supporto inesistenti. Nel passato, i ragazzi frequentavano luoghi di aggregazione e praticavano sport, dove imparavano a regolare le proprie emozioni attraverso la competizione e il rispetto delle regole. La rabbia e l’aggressività venivano stemperate in contesti sani, permettendo ai giovani di apprendere la gestione delle emozioni e dei rapporti interpersonali.
In contrasto, l’uso eccessivo dei social media ha portato a una vita virtuale distorta, dove i giovani si abituano all’idea che “tutto è possibile”. I social media promuovono valori illusori di bellezza, successo e perfezione, creando un mondo irreale che non insegna a tollerare le frustrazioni e la noia.
Il rischio dell’emulazione e la fragilità psichica
L’accesso facile a informazioni su persone che hanno commesso atti violenti può influenzare giovani psicologicamente fragili a emularli. La psichicità fragile di alcuni adolescenti può portarli a pensare: “voglio provare anch’io, voglio vedere cosa succede”.
Un altro caso emblematico è quello del giovane che ha ucciso la propria famiglia dopo aver avvertito un senso di estraneità e il desiderio di sentirsi libero. Questo sentimento di alienazione all’interno di un nucleo familiare che appare sereno agli altri può creare una forte frustrazione e un desiderio di liberazione estrema.
La mancanza di figure di riferimento che aiutino i giovani a elaborare le proprie emozioni e frustrazioni è un elemento chiave che può portare ad atti estremi. La società liquida, la eccessiva esposizione ai social media e la mancanza di filtri e regole per la gestione delle emozioni contribuiscono a creare un terreno fertile per comportamenti violenti e incontrollati.
La necessità di interventi preventivi e di supporto
Per affrontare questo fenomeno in crescita, è necessario implementare interventi preventivi che mirino a promuovere la salute mentale e a insegnare ai giovani a gestire le proprie emozioni in modo sano. È fondamentale creare reti di supporto solide che possano aiutare i ragazzi a superare le difficoltà emotive e a trovare vie alternative alla violenza.
Inoltre, è importante sensibilizzare i genitori, gli educatori e la società nel suo insieme sull’importanza di monitorare l’uso dei social media e di promuovere un uso consapevole e responsabile della tecnologia. Solo attraverso un impegno collettivo e una maggiore consapevolezza possiamo sperare di prevenire ulteriori tragedie causate da adolescenti che si sentono smarriti e alienati.