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Non si fermano le operazioni israeliane nei cieli del Libano. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre, i caccia con la stella di Davide hanno colpito decine di obiettivi degli Hezbollah, tra cui lanciarazzi, edifici utilizzati dai terroristi libanesi e depositi di armi. In uno degli attacchi è stato ucciso Nabil Qaouk, comandante dell’unità di sicurezza preventiva del gruppo, membro del Consiglio centrale esecutivo del partito e, secondo quanto riferito dall’esercito di Tel Aviv, “implicato direttamente nello sviluppo di trame terroristiche contro lo Stato di Israele e i suoi cittadini”. Le Idf, stando a quanto riferito da due funzionari statunitensi ad Abc News, avrebbero iniziato o starebbero per iniziare attacchi via terra di portata limitata oltre la Linea blu, per distruggere postazioni dei combattenti del Partito di Dio.

###Azioni Militari in Diverse Frontiere

Le fonti sentite dal media americano hanno fatto riferimento a “movimenti al confine su piccola scala” e hanno spiegato che la decapitazione della leadership di Hezbollah non sarà sufficiente a neutralizzare il gruppo terroristico e a raggiungere l’obiettivo di permettere ai circa 60mila sfollati israeliani di ritornare nelle loro case nel Nord del Paese. I due funzionari, però, hanno anche affermato che al momento non pare che lo Stato ebraico abbia ancora preso una decisione riguardo a un’operazione di terra in Libano. Una posizione, questa, ribadia anche dal Jerusalem Post, econdo cui “se l’Idf decidesse di invadere, il piano iniziale sarebbe solo un’invasione limitata nel Libano meridionale” e “la situazione è molto dinamica e potrebbe cambiare in qualsiasi momento, soprattutto se Hezbollah riuscisse a colpire il fronte interno di Israele”. In tal caso, l’esercito israeliano potrebbe decidere di accelerare i suoi piani ed entrare in profondità nel Paese dei cedri, per ridurre più rapidamente il lancio dei razzi. In ogni caso, al momento una decisione a riguardo non è stata presa, perché il governo di Tel Aviv preferirebbe attendere di vedere se “il nuovo leader di Hezbollah, ancora non annunciato, adotterà un approccio più pragmatico per porre fine all’attuale conflitto”.

Sono stati registrate azioni anche lungo gli altri fronti in cui le forze di Tel Aviv sono impegnate. L’aviazione ebraica ha preso di mira Hamas, con due raid contro Gaza City e Jabaliya che, secondo i media palestinesi, avrebbero causato la morte di almeno tre persone. Notizia di un bombardamento, la cui responsabilità non è ancora chiara, è giunta anche dalla Siria, dove 12 combattenti pro-Iran sarebbero stati eliminati nella zona di Deir Ezzor, città vicina al confine con l’Iraq. Attorno alle 5 del mattino italiane, inoltre, è suonata l’allerta per l’infiltrazione di un drone a Eilat, città nel Sud del Paese e affacciata sul Mar Rosso. La Resistenza islamica in Iraq, gruppo sostenuto da Teheran, ha rivendicato l’azione, affermando di aver preso di mira un “bersaglio vitale”. Il velivolo senza pilota è stato intercettato e distrutto da una nave della marina militare di Tel Aviv fuori dai confini dello Stato ebraico. Verso le 8 italiane, sono scattate le sirene antimissile nella zona di Tiberiade e del Mare di Galilea: otto razzi lanciati dal Paese dei cedri sono caduti in campo aperto, senza provocare danni o feriti. Sul fronte degli Houthi, invece, secondo fonti arabe l’aereo che trasportava il portavoce dei ribelli Mohammed Abdulsalam si sarebbe schiantato mentre era diretto in Iran.

###Reazioni Internazionali e Tensioni Diplomatiche

Per quanto riguarda le altre nazioni del Medio Oriente, la Giordania ha denunciato la caduta di un razzo lanciato dal Libano nell’area desertica vicina a Muwaqqar, città a Sud-Est di Amman e distante circa 160 chilometri dal confine con il Paese dei cedri. L’Iran, invece, ha chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’inviato di Teheran al Palazzo di vetro Amir Saeid Iravani ha inviato una lettera all’organo dell’Onu, affinché “intraprenda un’azione immediata e decisa per fermare l’aggressione in corso da parte di Israele e gli impedisca di trascinare la regione in una guerra su vasta scala”. L’ambasciatore della Repubblica islamica ha anche invitato lo Stato ebraico a non attaccare diplomatici, sedi consolari o rappresentanti iraniani, perché “l’Iran non esiterà ad esercitare i suoi diritti intrinseci di diritto internazionale per adottare ogni misura in difesa dei suoi interessi vitali nazionali e di sicurezza”.

L’establishment della Repubblica islamica, però, è fortemente diviso. I conservatori stanno premendo per una dura risposta conto Israele per vendicare l’uccisione di Hassan Nasrallah, nella forma di un attacco diretto volto a dissuadere Tel Aviv dal colpire direttamente l’Iran. I moderati guidati dal presidente Masoud Pezeshkian, invece, sostengono che un’azione del genere farebbe cadere Teheran nella “trappola” ordita da Benjamin Netanyahu e porterebbe ad un allargamento del conflitto. Per il momento, dall’Iran sono arrivate solo minacce di “conseguenze pericolose” da parte del ministro degli Esteri Abbas Araghchi, secondo cui “il sangue di Nassan Hasrallah rafforzerà ulteriormente il fronte della resistenza”.

“Tutti dovrebbero essere consapevoli del fatto che la situazione è assolutamente esplosiva e che tutto è possibile, anche la guerra”, ha affermato il capo della diplomazia iraniana, ma molti osservatori e analisti sono convinti che la Repubblica islamica non voglia il confronto diretto con lo Stato ebraico. Il ministro, inoltre, ha giurato vendetta per la morte di Abbas Nilforoushan, vice comandante dei pasdaran ucciso nell’attacco di sabato contro il bunker di Nasrallah.