L’Ilva: Una Decade di Sfide che Hanno Bloccato il Rilancio
Nel corso degli ultimi 12 anni, a seguito del sequestro degli impianti dell’Ilva in seguito all’inchiesta “Ambiente Svenduto”, si è assistito a un intreccio costante tra vicende giudiziarie e industriali. Mentre procedevano su binari separati, queste vicende si sono sviluppate simultaneamente, portando l’azienda in un vortice di crisi che dura ancora oggi.
La storia inizia nel 2012 con il sequestro degli impianti, che non ha mai portato alla chiusura o alla sospensione delle attività dell’Ilva, grazie alla facoltà d’uso prevista nel sequestro. Tuttavia, questo evento è stato il punto di partenza di una crisi che si è protratta nel tempo. Nel giugno del 2013, il governo presieduto da Enrico Letta decide di escludere i Riva dalla gestione dell’acciaieria, affidandola a un commissario di Stato: Enrico Bondi. Tuttavia, la collaborazione con Bondi è stata breve, visto che è emersa una discrepanza tra le sue intenzioni e la linea del governo. Così, dopo Bondi, subentrano i commissari Gnudi, Laghi e Carrubba, che nel gennaio 2015 portano l’azienda in amministrazione straordinaria.
L’amministrazione straordinaria segna il primo punto critico della crisi, portando a default, insolvenza, e impossibilità di pagare fornitori e imprese. Il sistema di Taranto subisce una perdita di 150 milioni di euro, una ferita ancora aperta dopo anni. I creditori sono ancora in attesa di essere rimborsati, e la vendita degli asset industriali da parte delle due amministrazioni straordinarie (Ilva e Acciaierie) è vista come un tentativo di ripagare in parte i debiti.
L’intervento pubblico ha parzialmente mitigato la crisi finanziaria, con un miliardo e 100 milioni di euro rientrati in Italia dai Riva nel 2017, su iniziativa della Procura di Milano. Questi fondi, però, non sono stati utilizzati per rilanciare l’impresa, ma sono stati destinati ad altri scopi. La crisi finanziaria continua a pesare sull’azienda, con la produzione in costante calo: passando da 8,34 milioni di tonnellate nel 2012 a 4,85 milioni nel 2017, prima della cessione a Mittal.
Con l’uscita di Mittal, l’Ilva, ora Acciaierie, si prepara a una terza privatizzazione dopo Riva e la multinazionale anglo-indiana. Le questioni giudiziarie in corso non sembrano influenzare la vendita degli asset industriali, che procede nonostante le incertezze sul fronte legale e industriale. La storia dell’Ilva continua a intrecciarsi con la giustizia e l’industria, delineando un futuro incerto per l’azienda.
La Gestione dei Fondi Pubblici
Durante la gestione mista dell’Acciaierie, l’intervento pubblico ha raggiunto la cifra di un miliardo di euro, con ulteriori fondi ancora in corso di assorbimento. L’azienda ha beneficiato di finanziamenti pubblici per affrontare la crisi finanziaria e industriale in corso, ma la situazione rimane complicata. I 320 milioni di euro del prestito ponte del Mef, autorizzato dall’Unione Europea, e i 300 milioni di euro provenienti dal patrimonio destinato, sono solo una parte delle risorse impiegate per sostenere l’azienda durante la crisi.
La Vendita degli Asset Industriali
La vendita degli asset industriali rappresenta un passo importante per il futuro dell’Ilva, ora Acciaierie. Le manifestazioni di interesse ricevute il 20 settembre indicano un interesse da parte di potenziali acquirenti, nonostante le incertezze sul fronte giudiziario e industriale. Con la terza privatizzazione all’orizzonte, l’azienda si prepara a un nuovo capitolo della sua storia, in un contesto di profonde trasformazioni e sfide.
In conclusione, l’Ilva ha affrontato una decennale odissea che ha ostacolato il suo rilancio. Tra vicende giudiziarie complesse, amministrazioni straordinarie, e una costante crisi finanziaria e industriale, l’azienda si trova ora di fronte a una nuova fase di privatizzazione e cambiamento. Il destino dell’Acciaierie rimane incerto, mentre le sfide legali e industriali continuano a influenzare il suo percorso nel panorama economico italiano.