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Il patteggiamento di Toti: un gesto sofferto ma necessario

Chi ci ha parlato nelle ultime ore racconta di una decisione “sofferta”, a lungo ponderata. Sulla quale alla fine ha prevalso la volontà di chiudere nel modo più rapido una vicenda “dolorosa”, incassando comunque la caduta delle accuse più gravi (come la corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio) e il riconoscimento da parte dei pm che l’ex governatore “non ha mai usufruito personalmente delle somme raccolte dal suo comitato, utilizzate solo per le attività politiche”. Non arriverà in aula, il processo che ha portato alle dimissioni di Giovanni Toti. Con una mossa a sorpresa, l’ex presidente ligure ha scelto di patteggiare: farà 1.500 ore di lavori socialmente utili, la pena alternativa con cui sono stati sostituiti i due anni e un mese di condanna.

INTERDIZIONE E CONFISCA

Eccolo, l’accordo raggiunto tra la procura di Genova e il legale di Toti, Stefano Savi. Che prevede anche l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con la Pa per la durata della pena, oltre alla confisca di 84.100 euro. Accordo che ora dovrà essere ratificato dal gup nell’udienza del 15 ottobre prossimo, ma visto il sì dei pm il passaggio sembra scontato. Un finale inatteso, per lui che in tre mesi di arresti domiciliari revocati solo dopo le dimissioni aveva sempre ribadito di voler provare la propria estraneità alle accuse. E infatti nella scelta di patteggiare c’è tutta “l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza”, spiega l’ex giornalista Mediaset in una nota. Ma anche “il sollievo di vederne riconoscere una buona parte”.

Perché i reati per cui Toti patteggia sono il finanziamento illecito e la corruzione “impropria”, quella per l’esercizio della funzione. Una fattispecie legata “non ad atti ma ad atteggiamenti”, osserva ancora Toti: “Un’accusa difficile da provare per la sua evanescenza ma altrettanto difficile da smontare per le stesse ragioni”. Una battaglia che l’ex presidente era deciso a combattere. Salvo poi cambiare idea quando ha constatato, riferisce chi ha ascoltato il suo sfogo, di essere “lasciato solo” dalla politica. “Ha senso affrontare una battaglia politica in aula sulle storture del sistema di finanziamento dei partiti – si è chiesto – e farlo nel disinteresse generale, da solo o con pochissimi amici a fianco?”. Così la scelta è stata quella di chiudere nel modo più indolore. Col riconoscimento dei pm sul fatto che gli atti della pubblica amministrazione fossero “totalmente legittimi”, dice Toti. Che conclude: “Di fronte a questo finale, credo appaia chiara a tutti la reale proporzione dei fatti avvenuti e della loro conclusione”. Ossia, per dirla con le parole dell’avvocato Savi, da una parte i “tre anni in cui l’attività della Regione è stata passata al setaccio” e i “tre mesi di arresti domiciliari”, dall’altra le 1.500 ore di lavori di pubblica utilità con cui si chiude la vicenda. “La prospettiva poteva essere vincente – spiega il legale – come spesso è stato per casi di questo tipo. Ma dopo quanti anni, e quanta ulteriore sofferenza?”.

Decisione che nel centrodestra viene accolta con sorpresa. Nessuno se l’aspettava, quasi nessuno – con l’eccezione di Daniela Santanchè che parla di un “gesto d’amore per la Liguria” e del forzista Raffaele Nevi, “noi sempre garantisti” – commenta. Il timore dalle parti della maggioranza è che il patteggiamento possa fornire un assist al centrosinistra in campagna elettorale. Proprio ora che con la discesa in campo di Marco Bucci si era tornati a credere nella vittoria.

L’AFFONDO

L’opposizione in effetti non si fa sfuggire l’occasione. Affonda il Pd con Debora Serracchiani: “La richiesta di patteggiamento conferma che avevamo ragione. Sancisce un metodo di amministrare e fare politica”. Rincara il candidato dem in Liguria Andrea Orlando: il patteggiamento “è un implicito riconoscimento di responsabilità. Chi ha parlato di congiura deve ricredersi”. E ancora: “Vediamo se ora Bucci prenderà le distanze da Toti. Anche lui, da un punto di vista politico, era parte di quel sistema”. Duro anche Carlo Calenda: Toti “sta ammettendo di aver amministrato in un contesto corruttivo, qui il garantismo non c’entra”.

Intanto in serata l’ex governatore è ospite di Cinque minuti su Rai1. “Amareggiato”, si dice. Anche se “i pm hanno riconosciuto in gran parte quanto sostenevamo: la politica ligure non ha aiutato nessuno, non ha fatto atti illegittimi e non si è finanziata in modo illegale”. E anche se “a Genova ho già dato”, non esclude un ritorno in politica alle prossime Politiche: “Mai dire mai”. Intanto, patteggia 3 anni e 5 mesi anche l’ex presidente dell’Autorità portuale di Genova Paolo Signorini. Mentre resta da definire la posizione dell’imprenditore Aldo Spinelli. Così come rimane aperto il secondo filone d’inchiesta che riguarda l’ipotesi di voto di scambio.