ROMA Una donna a capo della missione dai Talebani, in Afghanistan. L’ambasciata che riapre i battenti in Siria, dall’impresentabile Assad. E poi il Medio Oriente, il cambio della guardia in Iraq, la nuova vita per il vice-consigliere diplomatico di Giorgia Meloni. Un-due-tre. Ecco il nuovo valzer degli ambasciatori, edizione estate. Diciotto nomine, una conferma e due proroghe. Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha messo la firma su un nuovo round di incarichi alla Farnesina. Politicamente delicati, anche se per la nomina più attesa, a Washington Dc, bisogna aspettare le presidenziali americane. Ci arriviamo. Intanto il valzer, che vede volti noti e altri meno pronti a imbarcarsi sull’aereo.
Da dove partire? Da Niccolò Fontana, direttore della comunicazione della Farnesina e portavoce del ministero, fiorentino, già a capo dell’ufficio economico a Mosca. Un fedelissimo di Tajani molto apprezzato dalla macchina (e dai giornalisti, a cui risponde notte e giorno): andrà a Baghdad, a capo della missione in Iraq. Visti gli assetti italiani schierati lì, mille militari impegnati nell’addestramento dell’esercito iracheno, e visti anche i preoccupanti sviluppi in Medio Oriente, si tratta di un incarico assai delicato.
Sempre nella regione, ecco la notizia, a dire il vero anticipata già da Tajani. L’Italia è pronta a rilanciare la missione diplomatica a Damasco, alla corte di Bashar-al-Assad, dittatore protetto da Putin e tutt’oggi un impresentabile per buona parte della comunità occidentale. C’è un nome, nel documento sulle nomine presentato dal ministro in Cdm a fine luglio e visionato dal Messaggero. Sarà Stefano Ravagnan, ministro plenipotenziario, a chiedere le credenziali ad Assad (momento-photo opportunity imbarazzante e infatti già ci si interroga, alla Farnesina, su come evitarlo). Grande esperto di antiterrorismo, materia utile da conoscere da quelle parti, ha lavorato finora al fianco di Pasquale Ferrara, a capo della Direzione generale affari politici. Una scelta delicata, quella italiana di riaprire ufficialmente i rapporti con Assad nominando un capo missione (e non un incaricato d’affari) che ha fatto alzare qualche sopracciglio tra Washington e Bruxelles. Servirà prudenza, concordano tutti. Restando nel quadrante, ecco l’altra novità. Un ambasciatore presso i Talebani in Afghanistan. Anzi, e non è affatto un dettaglio, un’ambasciatrice. Chi? Sabrina Ugolini, ministro plenipotenziario, in passato a Tunisi e Bruxelles, grande esperienza, di nuovo non è un caso, in tema di diritti umani. Farà base a Doha, in Qatar, come gli altri ambasciatori occidentali da quando i Talebani hanno ripreso il potere a Kabul. Ed è la seconda nomina di una donna a capo missione in un ambiente ostile alle donne diplomatiche, dopo la scelta di Paola Amadei a Teheran. Occhio a un’altra nomina delicata. Ottawa, Canada, attende Alessandro Cattaneo, viceconsigliere diplomatico della premier Meloni, voce assai ascoltata tra le feluche di Palazzo Chigi, dove approdò al seguito dell’ex consigliere diplomatico Francesco Talò, con cui lavorava alla Nato. Grande esperto di America e Alleanza atlantica, lascerà vacante una poltrona ambita. Quella da vice del capo ufficio Fabrizio Saggio (suo compagno di concorso), di chi sussurra alla presidente sulle cose internazionali. Retroscena: la sede canadese era ambitissima da Augusto Massari, consigliere diplomatico del Guardasigilli Carlo Nordio, che invece andrà all’Aja, accreditato alla Corte penale interazionale (che vuole arrestare Putin e pure Netanyahu). Sembrava lui in pole, poi un viaggio aereo di Meloni insieme al tandem Saggio-Cattaneo ha ribaltato la partita. Dal Campidoglio farà le valigie Gabriele Philip Annis, consigliere diplomatico del sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Direzione Maputo, in Mozambico, per dare il cambio a Gianni Bardini. Mentre andrà a Giacarta Roberto Colaminè. Chi è? Fino ad oggi, il vice alla Cooperazione internazionale, diplomatico apprezzato dal viceministro meloniano Edmondo Cirielli, che lo avrebbe immaginato come direttore. E invece Tajani ha preferito per quella importante casella Stefano Gatti, già a fianco di Beppe Sala nell’impresa di Expo 2015 a Milano.
E gli altri? Breve carrellata: Alessandro Prunas, promosso ambasciatore, resterà a capo della missione a Tunisi, sede-chiave nella mappa della Meloni-diplomacy tra emergenza migranti e Piano Mattei. Ad Helsinki, nella Finlandia fresca di adesione Nato, prenderà posto Nicola Todaro Marescotti. In Armenia, a Jerevan, Alessandro Ferranti, a Dublino, sede vacante, Nicola Paganelli. Il valzer estivo firmato da Tajani non è che l’antipasto di una stagione di nomine diplomatiche di enorme valenza politica. Una su tutte: l’ambasciatore a Washington Dc. Mariangela Zappia, attuale capo missione, è giunta alla fine del mandato, resterà in carica fino alle elezioni presidenziali che decideranno se il Paese finirà nelle mani di Donald Trump o Kamala Harris. Per la successione si è fatto a lungo il nome di Riccardo Guariglia, attuale segretario generale della Farnesina. Ma la pensione troppo vicina può diventare uno scoglio e in pole c’è anche Francesco Genuardi, ambasciatore stimato al ministero e capo di gabinetto di Tajani. Il tempo dirà.