Pochi sanno che sul comodino di Enrico Berlinguer rimase un libro che egli non poté finire: l’improvvisa morte dopo un comizio a Padova per la sua ultima campagna elettorale, giugno 1984, lo impedì. Quel libro era “Lo stadio di Wimbledon“, opera prima di Daniele Del Giudice, uno dei più straordinari scrittori italiani della fine del Novecento, di cui il 2 settembre ricorre il terzo anniversario della prematura scomparsa. Per questo dedichiamo a lui questo piccolo spazio rivolto a chi non lo ha mai letto e anche a chi potrebbe (e dovrebbe) rileggerlo.
Del Giudice, in qualche modo accostato all’ultimo Calvino – per quanto queste filiazioni lascino il tempo che trovano – soprattutto per l’eleganza misteriosa e asciutta della prosa, ci ha lasciato non molte opere ma tutte di grande valore letterario. Ne raccomandiamo qui quattro (tutta la sua opera è edita da Einaudi). Il primo è appunto “Lo stadio di Wimbledon“, misteriosa ricerca di un grande intellettuale (non nominato, si tratta di Bobi Bazlen) da parte di uno studioso italiano, i cui contorni sono sfuggenti, che fruga in una Trieste magica all’inseguimento di persone e indizi che lo possano aiutare nell’impresa, e la ricerca lo porta infine a Londra, a Wimbledon appunto: «Ci sono grattacieli sullo sfondo, villette isolate, campi scoperti; e al centro improvviso e pacato come una visione, lo stadio di Wimbledon. Soltanto adesso mi rendo conto di dove sono. Guardo laggiù l’edificio basso con la grande tettoia arrotondata: è un impluvio morbido in cui si raccoglie l’attenzione del paesaggio, e dove finisco anch’io».
Wimbledon come finis terrae, dicevano gli antichi, luogo evanescente dove al tempo stesso il narratore s’imbatte in sorprendenti risposte e in altrettanti interrogativi irrisolti: come a dire che non c’è un senso nel nostro cercare, che pure è attività indispensabile e suprema, oltre la quale c’è il nulla. È un romanzo bellissimo che accese gli entusiasmi della critica e del suo già vasto pubblico in attesa del successivo romanzo – secondo noi il più importante – cioè “Atlante occidentale“, del 1984. Mirabile impasto di letteratura classica e filosofia della scienza, vita e morte, oggi e domani, in una Ginevra fredda e razionale nella quale i sotterranei del Cern corrono paralleli alle sotterranee inquietudini del protagonista, il fisico Pietro Brahe.
Qui Del Giudice realizza un equilibrio miracoloso nell’ambito del fluire del tempo attraverso l’enigmatico rapporto tra il giovane fisico e l’anziano scrittore Ira Epstein, affascinante figura di intellettuale novecentesco. La modernità di questo romanzo che ormai ha 40 anni sta proprio nella rarefatta contrapposizione tra scienza e lettere: almeno così parrebbe. Nulla è certo, in Del Giudice, perché egli ammanta il suo scafo elegante di suggestioni più che di domande, sicché ciascuno può trovarvi la chiave che desidera. Terzo capitolo, “Staccando l’ombra da terra“, una serie di racconti che ha per filo conduttore il volo (simbolo di libertà? O della fine?), quasi un esercizio di stile su un fenomeno fisico (ancora la scienza) che è anche un fatto umano e non-umano al tempo stesso.
Infine citeremmo ancora i “Racconti”, un po’ una “summa” della poetica delgiudiciana, qui particolarmente oscura: si legga il racconto “Nel museo di Reims” dove un giovane ex ufficiale di Marina, che a causa di una malattia malcurata sta perdendo progressivamente la vista, racconta in prima persona una visita nel museo. «È da quando ho saputo che sarei diventato cieco che ho cominciato ad amare la pittura». Il buio sta per afferrare il protagonista Barnaba che cerca di incamerare il ricordo della pittura che non vedrà più. E il destino di Barnaba è un po’ quello che davvero infierì su Daniele Del Giudice, colpito ancora giovane da una tremenda malattia che annegò la sua mente in un mare nero e senza ritorno, togliendo all’umanità la gioia e anche le domande dure che la sua preziosa letteratura poneva al mondo.
La straordinaria opera di Daniele Del Giudice continua a incantare i lettori con la sua profondità e complessità. La sua capacità di esplorare le sfumature dell’esistenza umana attraverso la scrittura lo rende un autore da onorare e celebrare. La sua eredità letteraria è un tesoro da preservare e valorizzare per le generazioni future.
Il valore di Daniele Del Giudice nell’ambito della letteratura contemporanea
Daniele Del Giudice è stato un autore che ha saputo lasciare un’impronta indelebile nel panorama letterario italiano. La sua scrittura raffinata e profonda ha conquistato i lettori di tutto il mondo, attirando l’attenzione della critica e degli studiosi. Il suo talento nel creare mondi complessi e personaggi indimenticabili lo colloca tra i grandi della letteratura contemporanea.
Il contributo di Daniele Del Giudice alla cultura italiana
La figura di Daniele Del Giudice va oltre la semplice narrativa: egli ha contribuito in modo significativo alla cultura e alla società italiana. Attraverso le sue opere, ha esplorato temi universali come l’amore, la morte, il tempo e l’identità, offrendo al lettore spunti di riflessione e approfondimento. La sua capacità di trasmettere emozioni e pensieri complessi attraverso la parola scritta lo rende un pilastro della cultura italiana contemporanea.
Il lascito di Daniele Del Giudice per le future generazioni
La scomparsa prematura di Daniele Del Giudice ha lasciato un vuoto nel mondo della letteratura, ma il suo lascito rimane vivo e vibrante. Le sue opere continuano a ispirare e a emozionare i lettori di ogni età, offrendo spunti di riflessione e di introspezione. Il suo stile unico e inconfondibile è un tesoro da custodire gelosamente, un ponte tra passato e futuro che continua a illuminare il cammino di chi si avvicina alla sua scrittura.
In conclusione, onorare il valore letterario di Daniele Del Giudice significa rendere omaggio a un autore straordinario che ha saputo catturare l’essenza dell’umanità attraverso le sue parole. La sua eredità letteraria è un tesoro da preservare e valorizzare, un faro che continua a guidare i lettori nel vasto e affascinante universo della letteratura contemporanea.